Sanremo tra musica e politica: quando il Festival fa discutere – Intervista a Roberta Lancellotti
Scritto da borsisti il 23/02/2025
a cura di Cristiana Mugnaini
Roberta Lancellotti, giornalista, videomaker e autrice di A Sanremo. Dietro le quinte del Festival (Giulio Perrone Editore), ci racconta come il Festival rifletta il contesto culturale del Paese, tra momenti di dibattito e scelte artistiche che diventano dichiarazioni politiche. Con lei abbiamo parlato di come politica e musica si influenzino a vicenda, delle edizioni più discusse e degli episodi che, nel corso degli anni, hanno lasciato il segno dentro e fuori l’Ariston.
Nel suo libro A Sanremo. Dietro le quinte del Festival scrive: «i piacciono le hard news: politica e attualità. E Sanremo». In che modo il Festival riesce a intrecciare politica e musica?
Io inizio il mio libro proprio con questa immagine, perché il Festival intreccia politica e musica. Scherzando, anche nel mio curriculum ho scritto che mi piacciono le hard news: politica, attualità e Sanremo. Ho pensato di inserirlo anche all’inizio del libro perché, obiettivamente, quando c’è Sanremo, durante quella settimana tutta l’Italia si ferma e ne parla. È un’eccezione alla grande divisione delle notizie che si studia in giornalismo, dove le hard news sono quelle di grande rilevanza, come politica ed economia, mentre le soft news riguardano temi più leggeri.
Sanremo è un fenomeno unico: per una settimana intera monopolizza l’attenzione, superando spesso anche le notizie più rilevanti nella vita delle persone. È qualcosa di tipicamente italiano, quasi intraducibile per chi non viene dal nostro paese. È difficile spiegare all’estero questa grande attenzione collettiva, ma il Festival incolla milioni di italiani davanti alla televisione e diventa argomento di discussione ovunque: al bar, in palestra, a scuola, al lavoro.
Sanremo è un grande catalizzatore mediatico e, negli anni, ha intercettato molte questioni politiche e sociali. È stato un luogo di dibattito su tematiche di grande impatto, come il lavoro e i diritti civili, e in alcuni casi ha perfino anticipato discussioni che sarebbero esplose nel paese solo in seguito. Anche le proteste, come quella dello scorso anno dei trattori e degli agricoltori, trovano nel Festival una vetrina nazionale, perché Sanremo è uno dei pochi eventi capaci di portare qualsiasi tema al centro dell’attenzione pubblica.
Secondo lei si è parlato poco di politica in quest’edizione del Festival?
Sì. Questa edizione del Festival si è presentata come un evento senza politica sin dall’inizio, anche se io ritengo che sia abbastanza impossibile tenerla davvero fuori, perché, come dicevamo prima, Sanremo riporta dentro tutto. È quasi scontato che nelle conferenze stampa ai cantanti vengano fatte domande di carattere politico. Ricordo, ad esempio, quando andai nel 2017: era periodo di campagna elettorale, proprio a ridosso delle elezioni, e i cantanti dovettero addirittura firmare nel contratto l’obbligo a non parlare di politica. Eppure, una di loro arrivò in conferenza stampa dicendo subito: “Ve lo dico subito, voto per…”.
Diciamo che in questa edizione se n’è parlato meno rispetto ad altri Festival, rispecchiando un po’ la Rai di oggi, che cerca di non dare troppo spazio alle polemiche. Ma, inevitabilmente, la politica è rimasta presente, anche solo in sottofondo. Basti pensare a una battuta di Elodie, intervistata da Enrico Lucci, che ha detto che non voterebbe per Giorgia Meloni “neanche se mi tagliassero la mano”. Se n’è parlato per un intero pomeriggio. Quindi, la politica è un po’ rimasta di sottofondo, senza mai diventare protagonista, ma riaffiorando nei dettagli, nelle battute e nelle discussioni che, inevitabilmente, accompagnano un evento di questa portata.
Parlare o non parlare di politica è anch’essa una posizione politica. Ma c’è qualche edizione del Festival di Sanremo in cui ci sono stati dei momenti che hanno causato clamore?
In primis, mi vengono in mente Lo Stato Sociale nel 2018, quando portarono un’esibizione con una forte connotazione politica. La prima sera del Festival, ogni membro della band salì sul palco con delle targhette che riportavano dei nomi. Non erano i loro, ma quelli degli operai dello stabilimento Fiat di Pomigliano, che in quel periodo stavano protestando. Il loro brano, Una vita in vacanza, era strettamente legato al tema del lavoro, tanto che i cinque lavoratori della Fiat, che non conoscevano personalmente i ragazzi de Lo Stato Sociale, venerdì notte andarono a Sanremo per ringraziarli, incontrarli e portare la tematica del lavoro e delle lotte sindacali all’interno del Festival. Ricordiamo anche Non mi avete fatto niente di Ermal Meta e Fabrizio Moro, che affrontava il tema del terrorismo.
Inoltre, mi vengono in mente due canzoni dello scorso anno: Casa mia di Ghali e Onda alta di Dargen D’Amico, che, pur non essendo legate a un evento politico specifico, hanno generato molte polemiche e si sono rivelate canzoni impegnate e molto belle. C’è sempre una quota di canzoni che hanno un risvolto politico. A volte riesce di più, a volte riesce di meno. Quest’anno è stata un po’ minoritaria, c’è solo Willie Peyote con Grazie ma no grazie, a me piace molto, però più che una canzone impegnata è una canzone con un velo di populismo.
Lei è stata tanti anni al Festival di Sanremo come giornalista. Qual è l’aneddoto a cui è più legata?
Ci sono tantissimi momenti molto emozionanti, ma quello che mi viene da citare è legato alla mia prima volta a Sanremo. In realtà, ce ne sono due.
Il primo risale alla mia prima serata al Festival, nel 2018. Quella sera, una persona era salita sul palco e aveva chiesto aiuto a Fiorello, che in quel momento conduceva, perché non riusciva più a trovare lavoro. Fu la notizia della serata. Durante la diretta, prima che la puntata finisse, sono andata in giro per Sanremo a cercare quest’uomo e alla fine sono riuscita a incontrarlo proprio mentre parlava con Fiorello. In quel momento ero l’unica presente con una videocamera. Essere riuscita, da outsider di Sanremo, a riprendere il confronto tra questi due protagonisti della serata è stata una grande soddisfazione. Un po’ è stata fortuna, un po’ è stata pazienza.
Il ricordo più emozionante, però, è legato agli operai della Fiat di Pomigliano che salirono a Sanremo per incontrare Lo Stato Sociale. Sono riuscita a metterli in contatto con la band. Non ho assistito all’incontro, ma ho passato l’intera giornata con loro, parlando di lotta e di politica. Mi sembrava un cerchio che si chiudeva, un’esperienza che univa musica e impegno sociale. È stata una giornata molto intensa ed emozionante, perché mi sembrava di fare il mio lavoro raccontando la musica, ma non solo.
Questa intervista fa parte della puntata SPECIALE CARTACCE- Sanremo, oltre la musica: potete ascoltarla cliccando qui.